Oggi vorrei proporvi un racconto breve,in realtà il mio primo racconto breve, pubblicato nella rivista "El Ghibli", una rivista davvero interessante che vi consiglio di seguire.
Se fosse la realtà, riuscirebbe lo stesso a far sognare al lettore un mondo migliore?
INSIEME CE LA FAREMO!
Tutte le fiabe iniziano con “C’era una volta”, e se questa non fosse una fiaba?Se fosse la realtà, riuscirebbe lo stesso a far sognare al lettore un mondo migliore?
Palermo 2014, Claudia Anastasio, bella,
ricca e viziata, stava di nuovo provando a rendere uno schifo la vita
della zingarella, si quella che sta sempre seduta all’angolo tra piazza
Politeama e la via Ruggero VII. Questa era la terza volta che la
importunava; :”Si, sono le mie scarpe nuove, che hai da guardare? Fammi
vedere un po’ quante monetine ti hanno dato, puzzona!”.. Ma questa volta
la bella Claudia non era stata attenta ai vigili urbani appostati
proprio dietro l’angolo.
Com’è finita? Paparino ha infilato la
mano in tasca e Claudia si beccò soltanto due settimane di volontariato a
Lampedusa, cosa che però non la fece tanto felice. “Io là in mezzo a
quei clandestini pidocchiosi non ci vado.” Così il padre attuò le”
maniere forti”: “Claudia per piacere, ho già fatto il possibile, neanche
a me sta bene che tu vada lì ma preferisci la galera?”…
Lampedusa 2014, Ibrahim Abdelkafi era
steso su una delle brandine del centro di accoglienza, aveva la febbre
alta e faticava a respirare per la troppa acqua ingerita in mare. In
quello sbarco aveva perso la sua famiglia e tutto ciò che gli serviva
per vivere.
Claudia arrivò a Lampedusa il 20 Luglio,
due giorni dopo lo sbarco. Vestita con jeans attillati e zeppe, di
certo non poteva immaginare ciò che avrebbe avuto davanti agli occhi
pochi minuti dopo;
Circa 350 immigrati si trovavano lì
accolti dai militari e sottoposti a controlli, c’era chi era in
condizioni stabili, chi come Ibrahim aveva subito le torture del mare e
chi giaceva a terra coperto da un lenzuolo.
Una delle donne addette ai soccorsi si avvicinò a Claudia dicendole di cambiarsi e procurarsi degli indumenti adatti.
Una volta sistematasi, Claudia venne
accompagnata dalla donna all’interno del centro di accoglienza.
All’interno di esso vi erano svariate brandine ma a lei venne chiesto di
occuparsi di un giovane ragazzo eritreo ridotto in condizioni pessime.
Claudia si avvicinò con sdegno al
ragazzo sulla brandina, e iniziò ,senza troppa attenzione, a cambiare il
panno bagnato sulla sua testa.
Il suo compito era questo, pensò , fare da serva a degli estranei che sono andati incontro alla morte per loro libera scelta.
Continuò a cambiare panni, dare da mangiare e bere agli altri ragazzi fino a tarda sera, quando il ragazzo apri gli occhi…
“What’s your name?” chiese il ragazzo.
“Claudia” rispose lei ,senza il minimo interesse. “I’m Ibrahim” rispose
il ragazzo, come se si aspettasse che Claudia gli ponesse quella
domanda.
La mattina seguente ,quando Claudia
arrivò al centro trovò Ibrahim, non più coricato ma seduto sulla
brandina. Evidentemente stava già meglio, pensò Claudia.
Quando lei si avvicinò, lui le rivolse
un sorriso e fu lì che Claudia notò qualcosa che la sera prima non aveva
notato. Ibrahim si ,stava meglio, ma gli occhi incavati e rossi e la
pelle che per natura doveva essere scura era olivastra, come se il mare
avesse voluto lasciare in quel ragazzo il segnale del suo passaggio,
risaltavano tutte le sofferenze che egli aveva patito.
Ibrahim iniziò a chiederle di
insegnargli qualche parola in italiano, così mentre Claudia continuava a
cambiargli la benda sulla testa e gli portava da mangiare e da bere
provava ad insegnargli qualche parola.
I primi quattro giorni passarono in fretta e ormai Ibrahim aveva imparato qualche parola.
Un giorno Claudia si trovò ad ascoltare
il ragazzo mentre le raccontava la sua storia; le raccontò di sua madre
come un raggio di sole sempre presente nella sua vita, di suo padre che
era l’anima seriosa e rigida della famiglia e di quel giorno che
decisero di andarsene dall’Eritrea in cerca di una vita migliore. Le
raccontò di ciò che provò quando capì di essere stato l’unico della sua
famiglia a superare il viaggio, della paura che provava pensando di
essere in un Paese che non era il suo ma soprattutto della paura che
provava sapendo di essere solo.
Non sapeva perché lo ascoltasse ma dopo
ciò che le aveva raccontato Ibrahim, Claudia capì e sentì che doveva
fare qualcosa per aiutare quel ragazzo con gli occhi incavati di un
color cacao talmente scuro da riuscire a nascondere qualsiasi luce.
Iniziò a portargli sempre cose nuove da
mangiare e quando fu in grado di alzarsi lo portò in giro per il paese
mostrandogli non solo la bellezza di Lampedusa ma anche quella di
Palermo. Continuò ad insegnargli nuove parole e un giorno gli portò
anche un libro da leggere quando ne sentiva la voglia.
Mentre passeggiavano per la spiaggia di
Lampedusa lei iniziò a raccontargli del perché era lì, di ciò che faceva
alle persone meno fortunate di lei e mentre parlava, Claudia si rese
conto di quanto male aveva fatto a quelle persone già sfortunate. Capì
quanto era piccola e infelice rispetto a loro.
In pochi giorni Claudia aiutò Ibrahim a
trovarsi un lavoretto come contadino, nulla di che , pagato giusto
quanto bastava per comprarsi il pane.
“Sto facendo la cosa giusta” è la frase che girava continuamente nella testa di Claudia. E lei, stranamente, si sentiva felice.
Quando i militari giunsero al centro per
il controllo dell’ennesimo sbarco, uno di loro mise gli occhi su
Ibrahim. Iniziò ad insultarlo dicendo che è solo un incivile e che non
faceva altro che rubare il lavoro ai suoi compaesani che ne avevano
bisogno.
Questo si ripeteva ogni volta che Ibrahim usciva dal centro di accoglienza per recarsi a lavoro.
La sera, quando Ibrahim tornò da lavoro
venne accolto da Claudia che notò subito che qualcosa non andava. Così
quando gli portò la cena, Ibrahim le raccontò di ciò che lo perseguitava
ogni giorno, del senso di colpa, della sensazione di non essere
accettato.. Claudia, ascoltando quelle parole non poté far si che
pensare a se stessa e a quanto fosse stata cattiva in passato. E nel
contempo fu indignata dall’atteggiamento delle persone. Come possono non
capire che questi ragazzi sono uomini e come tali hanno i nostri stessi
diritti? Come possono fare di tutta l’erba un fascio quando sono i
primi a lamentarsi della medesima cosa?
Perché non provano loro stessi a stare a fianco a queste persone, a farle vivere come un normale cittadino?
Fu lì che Claudia decise di battersi con lui al fine di raggiungere la felicità e la serenità.
Le uscì una sola frase dalla bocca :”Insieme ce la faremo”.
Commenti
Posta un commento